In altri miei lavori ho avuto occasione di accennare come Ferdinand Berthoud abbia goduto, in vita, della meritata fama di meccanico di eccezionale bravura, formidabile sperimentatore e di vero maestro nell’insegnare l’arte dell’orologeria. Ma a questa serie di lodi, qualcuno dei suoi contemporanei, ma anche dei posteri, ha avuto modo di aggiungere, come commento negativo, il fatto che a Berthoud non è possibile attribuire nessuna delle pur numerose invenzioni che, nei secoli XVIII e XIX, hanno illuminato l’Orologeria.
Questo è vero come pure il fatto che di ciò non si sia mai accreditato invenzioni altrui, ritenendosi una persona informata sulle scoperte dell’orologeria e pronto a farne uso, dopo averle provate e magari modificate, sui suoi orologi.
Questa, che reputo una sua precisa qualità, non è, per l’orologeria, meno importante delle invenzioni, perché se alla genialità dell’idea non segue una pratica attuazione, è come avere una nuvoletta in cielo, bella esteticamente, ma che non versa acqua sul terreno assetato.
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